Ieri ho passato la giornata con un distributore. Come tanti sta cercando di trovare un nuovo ruolo e di far evolvere la sua figura per poter dare delle risposte in questo mondo “fatto di cloud”. Non è facile, ma sono venute fuori delle idee interessanti…
E’ dura stare nel mezzo
Purtroppo il cloud, in quanto tale, significa anche disintermediazione. L’utente finale, in questo caso la piccola azienda, si rivolge direttamente al fornitore di servizi e bypassa tutta la filiera lasciando rivenditore e distributore fuori dalla partita.
Ora, il processo è già in atto ma, fortunatamente per quello che in gergo viene definito “il canale”, è un processo lento e c’è la possibilità di rimanere in gioco. Il problema è capire come.
Primo, non fare il mestiere degli altri
Il distributore, e in parte anche il rivenditore, non è in grado di fare il cloud provider. Non ha gli skill, l’esperienza, i soldi (che gli servono per muovere scatole e fare da polmone finanziario ai vendor), un data center credibile e tutto quello che serve per fare questa attività in maniera degna. Di esempi ne ho già portati molti in passato e non penso che sia necessario girare ulteriormente il coltello nella piaga.
Un altro problema grave che ha il distributore è di pensare che può fare il cloud provider con i software che normalmente distribuisce e che non sono assolutamente stati pensati per fare quel mestiere! La multitenancy o il chargeback, ma anche cose relativamente più banali come il licensing sono caratteristiche fondamentali per poter anche solo iniziare a fare una valutazione per dei servizi basati su quella piattaforma. Pensare di poter cloudizzare un prodotto nato per tutt’altro, solo perché lo si conosce o si è in simpatia con il produttore, è da folli.
Distribuire nell’era del cloud
Quindi, la via di trasformare un distributore in cloud provider è fallimentare (mi spiace per quelli che hanno già buttato via soldi e tempo). L’obiettivo del distributore deve essere un altro.
Il distributore ha la grande fortuna di conoscere chi è a contatto con l’utente finale e che po’ veicolare (se ci guadagna) un’offerta. Anche i rivenditori e i piccoli system integrator sono in grave difficoltà e, forse, questo può spingerli più velocemente a valutare soluzioni nuove.
Fatto salvo che bisogna avere il prodotto ideale per fare quello che sto per dire, esiste la possibilità cambiare il modello di business di entrambi e rimanere competitivi anche in un mercato complesso come questo. Ma come?
Un esempio
Il distributore da cui sono stato ieri ha acquistato una piccola infrastruttura HW, la piattaforma di virtualizzazione e, come primo software, un object storage multi tenant. Il vendor che propone questa architettura ha anche a disposizione dei gateway NAS. Lo SLA che si può garantire è limitato ma sufficiente per le tante micro/mini imprese Italiane. Il gioco è fatto.
L’utente finale usa il gateway come NAS, in realtà questo è una cache che fa leva sul cloud storage di backend (i dati sono quindi salvati, backuppati, protetti e… in Italia!). E’ ovvio anche che l’utente medio, vista anche la sua ignoranza in materia, preferirà affidarsi al suo rivenditore locale, come ha sempre fatto (anche pagando un po di più), piuttosto che fare un salto radicale con un cloud provider sconosciuto.
Il rivenditore deve quindi vendere, o affittare, l’appliance (che esiste anche in forma di VSA) e l’abbonamento mensile/annuale per avere accesso al servizio.
Il rivenditore non ha la forza di mettere su l’infrastruttura all’inizio, sia che questa sia privata o da un provider, e anche lui fa fatica a fare il cloud provider… E’ il distributore che gliela deve dare all’inizio!
In pratica il distributore fa da incubatore per il nuovo modello di business del rivenditore che deve passare dalla vendita dell’HW alla vendita di un servizio. Quando il rivenditore avrà la massa critica necessaria, visto che ha anche i rapporti con l’utente finale, potrà migrare i dati in una sua infrastruttura (o in una infrastruttura gestita da un vero provider) e continuare a dare il servizio. Il distributore non deve diventare ricco vendendogli il servizio ma ha due obiettivi:
– fare rimanere in vita il rivenditore: facendogli posticipare l’acquisto di una eventuale infrastruttura e dandogli modo di avviare un nuovo tipo di business;
– vendendogli le licenze e gli appliance come ha sempre fatto… anche se magari in una modalità diversa.
In ogni caso si tratta di una strategia per continuare a fare quello che si è sempre fatto (distribuire HW e SW) ma dando al rivenditore la possibilità di modificare il proprio business nei tempi e nei modi necessari.
Nota finale
So che non è facile riciclarsi, soprattuto per i grandi movimentatoti di scatole… che con il tempo faranno sempre più fatica, ma penso anche che questa è una questione sul tavolo di molti attori di canale.
Se quanto ho appena descritto non lo farà il distributore, lo farà sicuramente il cloud provider. Forse il CSP non ha nessun interesse a far emancipare il rivenditore e a fargli costruire la sua infrastruttura (sia che questa sia virtuale o privata) ma sta di fatto che i CSP sono già attivi con diverse proposte proprio in questo campo… Al momento non hanno sfondato solo perchè non conoscono i rivenditori.
Il canale può avere un ruolo importante anche nell’era del cloud… dipende solo quanto questo sarà veloce a reagire alle nuove dinamiche che il mercato sta presentando.
Durante il prossimo Juku unplugged parleremo molto di Cloud storage e cloud ibrido, se l’argomento ti interessa ti consiglio di iscriverti! 😉
Ciao Enrico,
ho letto con molto interesse il tuo articolo. Ritengo alcune cose di buon interesse ( l’idea del distri incubator) per una riflessione. Io rappresento un Cloud Service Provider italiano, il nostro modello di vendita (al momento unico nel mercato italiano) passa attraverso tre distributor – Esprinet – Datamatic e Computerlinks, – e circa venticique partner system integrator diretti. Le nostre sei linee di servizi spaziano da: IaaS, DaaS, SaaS, PaaS, rispondiamo a tutte
le necessità IT, e budget di spesa. Per rendere semplici e fruibili i nostri servizi dalla distribuzione, gli abbiamo pacchettizzati sotto un codice identificativo…ma non basta. Conosco abbastanza bene la distribuzione e le sue logiche (vengo da quel mondo) per poter affermare che il “problema “ della vendita dei servizi in cloud attraverso il canale sia principalmente uno: La mentalità di chi lo propone. Il cloud ha bisogno di un approccio consulenziale (manca a chi è stressato dagli obiettivi multivendor mensili) che impone costi di contatto altissimi e tempi di realizzazione lunghi… cosa che al distributore (al momento) mancano.
Grazie dei tuoi contributi sempre utili e interessanti.
Antonio Serra: Sales Director ReeVo Cloud
Antonio,
ma era un commento o uno spot pubblicitario?
🙂 puoi leggerlo come vuoi. Volevo solo darti informazioni che evidentemente ti mancavano. Puoi cancellare il mio post se vuoi.